Sicuramente avrai sentito parlare del mito della fenice e del detto “risorgere dalle proprie ceneri”. Credo che non esista metafora più calzante per definire il percorso di resilienza e di rinascita che ha contraddistinto Alfi, al secolo Alessandro classe 1984. Dopo una malattia lunga e sofferta, Alfi decide di esorcizzare i mostri che aveva dentro di sé e trasformarli in arte. Inizia, così, a dipingere e tutto sembra avere un senso. Alfi poi inizia a cercare tele diverse, sempre più grandi: prendono vita le “Alfissioni”.
L’esorcizzazione della malattia
Un percorso sofferente come quello di una malattia è sempre molto intimo e personale. Però sicuramente possiamo dire che c’è chi si sofferma sull’aspetto della privazione portata dalla malattia stessa e chi, invece, ne fa una sorta di tesoro e la sfrutta per una nuova rinascita. Alfi ha scelto questa seconda strada. “In particolare, c’è stata una persona che mi ha dato un calcio nel sedere”, confessa Alessandro. “Conosceva sia la mia parte pratica, sia tutta la creatività che avevo dentro di me e che non ero mai riuscito a vomitare, in senso buono”. Fu proprio questa persona a suggerire ad Alessandro di esternare tutta la sua creatività su un quadro di grandi dimensioni. Ebbene, dopo soli 10 giorni, Alfi l’aveva già venduto. Non solo, con questo amico, Alfi ha realizzato un servizio fotografico del suo declino e in qualche modo l’arte è stata la sua salvezza.
Il fatto di avere una connessione con questa linfa produttiva che, però, era ancora legata alla sua visione artistica degli studi delle superiori, è stata la chiave di volta per uscirne. All’epoca, Alfi era ancora legato ad una concezione artistica molto pulita, su carta, con linee precise, una forte pignoleria nel chiudere tutte le forme, così come colori sempre ben definiti. Ebbene, la malattia ha fatto esplodere tutto ciò. Ora, l’espressione artistica di Alfi unisce una visione quasi primitiva, a pennellate veloci, sporche, a quella estremamente precisa che parte dallo schizzo su carta. Talmente precisa che sembra quasi vettorializzata.
Little Whale
Tra le varie opere di Alfi, ci sono frequentissimi richiami agli animali. Già nel primo disegno, Little Whale, che rappresentava una balena blu con la bolla al naso, come se fosse un raffreddore. L‘espressione dell’impossibile, in fondo, perché la balena né ha un naso frontalmente, né ha la possibilità di avere un raffreddore in quel modo. Eppure quella balena è stata la trasposizione sotto forma animale di Alfi durante la sua malattia. Alessandro ha sempre apprezzato l’aspetto quasi umano di questa specie, dal loro modo di muoversi in gruppo, di vivere la famiglia e di proteggere i piccoli.
E questa balena era stata diffusa in Brescia, città natale di Alfi, in alcuni posti significativi proprio per lui, tra cui il Teatro Grande. Significativo in particolar modo perché legato alla musica, elemento estremamente importante per Alessandro durante la malattia perché era uno dei pochi aiuti che lo sollevava. In ospedale, con le cuffie, durante le terapie o anche durante le visite delle persone più care, c’era sempre la musica. Diventava a tutti gli effetti una sfera in cui lui poteva rifugiarsi e passare quel periodo nella maniera migliore possibile.
Gli altri personaggi di Alfi
La mente prolifica di Alfi ovviamente non si è fermata alla balena. Altri personaggi sono diventati protagonisti delle sue opere e delle sue “Alfissioni”, come le chiama lui. Troviamo, ad esempio, “L’Ingordo”. Si tratta di un personaggio quasi umano, con le braccia mozzate dall’ingordigia. Non ha più controllo sul suo essere e davanti a sé ha un tavolino con le sue mani e un coltello piantato nel tavolo. Il messaggio è chiaro: i soldi sono finiti, l’unico modo per sopravvivere è iniziare a vendere se stesso. Questa tela di Alfi ha dimensioni 70×120 e ha una copertura di soli scontrini a testimoniare tutte le spese di questo suo personaggio spendaccione.
I personaggi di Alfi fuggono dalla tela
Di recente Alfi ha iniziato a sperimentare un altro supporto, l’argilla. Possiamo definirla la fuga dei personaggi dalla tela. Dopo diversi anni dedicati alla pittura, da poco tempo Alessandro ha deciso di provare una nuova dimensione. Letteralmente. Perché non provare a rendere tridimensionale ciò che fino a quel momento aveva vissuto di due dimensioni? Quindi ha preso l’argilla e ha iniziato a dar vita alle prime opere, con sua grande soddisfazione.
“Mi viene da ridere”, ha commentato, “perché non pensavo che mi avrebbe preso così tanto. La materia vera e propria, forse anche perché più complicata, mi soddisfa”. Sì perché per lavorare l’argilla bisogna curarla, dipingerla, calibrare attentamente il peso in modo da non rovinare la cottura. La sua idea è quella di creare una piccola flotta di mostri e di legarli ad un evento che sta studiando con un suo amico fotografo. Il concept sarà quello di scegliere una location non curata, quasi decadente e di sfruttare un solo punto luce con quegli esseri.
Dare la giusta importanza al poco
Quando ho chiesto ad Alfi il perché di una mostra così alternativa, così lontana dai consueti canoni di vernissage eleganti e patinati mi ha raccontato della sua malattia. La sua arte nasce da lì e ha imparato ad apprezzare il poco che la vita ci dà. “Non ho bisogno del troppo”, spiega Alessandro. “Io sono per la riqualifica, mi piace quando un difetto diventa una forma di bellezza. Sul mio stesso corpo sono rimasti dei segni dopo la malattia che col tempo ho imparato ad accettare. Io proietto questa filosofia in tutto ciò che faccio”.
Alfi accetta tutto quello che è successo nella sua vita. Come anche solo il cartone sporco che applica sulle tele per dipingerci sopra: si tratta di qualcosa di degradato a cui, però, Alfi regala una nuova bellezza. Sì, perché non usa esclusivamente la tela, ma anche solo un cartone che aveva appoggiato in terra per non sporcare il pavimento durante la fase di pittura. Lui ci vede delle sagome che possono prendere vita, anche se magari si tratta solo di pennellate di scarico. Tutto merita una seconda possibilità, una seconda vita.
Tutto può ricominciare da zero e avere ancora qualcosa da dire.
Alfi e le seconde possibilità
Curiosa la storia del primo personaggio di argilla realizzato da Alfi, perché è esploso in forno. Alessandro l’ha recuperato e poi riassemblato con la tecnica del kintsugi. Si tratta di una tecnica giapponese usata per riparare oggetti, esaltandone le crepe riempiendole d’oro. Il tutto poi è stato ceramizzato nel bianco, come se fosse da apprezzare proprio la sua trama difettosa. Il danno subìto dal suo primo personaggio di argilla ricalca il danno che Alfi porta sul corpo dalla malattia e dalle operazioni.
In qualche maniera torna sempre tutto lì, alla malattia. Il fulcro delle sue opere, della sua arte, ma in generale della sua filosofia di vita è in qualche modo sempre legato a quel suo percorso di sofferenza. Anche il Covid ha dato una spinta fortissima al proliferare di dipinti realizzati da Alfi. Rispecchiavano il fastidio che lui stesso ha provato nel vedere le persone ignorare le disposizioni di contenimento, come se fossero invincibili.
La street art removibile di Alfi
Questa forma artistica nasce dall’esigenza di prendere un personaggio che su tela misurava 20 centimetri e trasferirlo su carta da manifesto e passare, quindi, ai 2 metri. A quel punto Alfi ha iniziato a seminare le sue opere in giro per Brescia, ma anche Milano con il mantra di lasciare qualcosa di positivo perché comunque i suoi personaggi portano sempre il sorriso. Con il tempo, sono arrivate anche le commissioni di grossa taglia.
Ma la vera particolarità della street art di Alfi è che si tratta di opere removibili. A tutti gli effetti, le “Alfissioni” sono delle riqualifiche del degrado. Ad esempio, di recente, Alfi ha lavorato su una parete vicino casa sua- con la sua fedele aiutante e fidanzata. “Era una spaghettata piena di tag sovrapposte”, ha raccontato Alfi. “Ma la cosa più bella di tutta la perfomance è stato il colloquio con un signora 70enne alla finestra che non capiva cosa stessimo facendo. Le ho presentato il mio personaggio, un diavolo, usando il dialetto bresciano e porgendoglielo come se fosse qualcosa di positivo. E, infatti, le è piaciuto”. I suoi personaggi su carta destinati alla street art non deturpano le pareti e una volta che vengono rimossi non ne rimane più traccia.
L’esperienza di Alfi a Napoli
Nel 2019 Alfi ha fatto la spola con Napoli dove alcuni amici gli hanno fatto da cicerone. Grazie ai loro consigli, ha potuto disseminare i suoi pezzi in tutta Napoli, sia al mare, sia ai Quartieri Spagnoli, fino al Giardino Liberato Materdei dove è stato riqualificato un vecchio ospedale psichiatrico. Un posto magico, pieno di gatti, con una struttura affascinante. Con uno dei suoi personaggi, Alfi è stato il secondo a subentrare trovando, quindi, la superficie ideale che fa da benvenuto a quelli che entrano. E le ragazze dell’Accademia di Belle Arti di Napoli hanno redatto una classifica dei 10 street artist più influenti nel 2019 e in questa top 10 c’era Alfi, assieme a Banksy.
La riqualifica del brutto
Deriva sicuramente dal suo percorso di malattia, ma è innegabile che Alfi sia in grado di esorcizzare demoni, paure e in generale tutto ciò che è catalogabile come brutto per farlo diventare bello. E la particolarità nella particolarità è che i suoi personaggi di base sono negativi, sono dei mostri. Provengono dal vissuto di Alessandro, dalla sua storia o dalla sua percezione degli altri, tuttavia lui riesce con la sua arte a riproporli in maniera positiva agli occhi di chi guarda queste opere.
“É l’adrenalina che mi muove”, racconta Alessandro. “Non mi accorgo di tutto quello che succede attorno a me perché entro in un microcosmo mio in cui tutto diventa bello, giusto”.
I progetti per il futuro
Quando ho chiesto ad Alfi quali sono i suoi sogni ed ambizioni per il futuro, la sua risposta è stata chiara “Coprire superfici sempre più grandi”. Ma non è solo una questione di dimensioni. “Vorrei che mi capissero sempre di più”, racconta. “Vorrei che capissero quello che faccio, vorrei che fosse chiaro che i miei interventi sono in continuo cambiamento e che danno una nuova vita, anche migliore. Immagina un treno, pensa se potessi ricoprirlo con una delle mie applicazioni removibili che potrebbero proteggerlo”.
Tra i suoi personaggi, inoltre, ricorre spesso un fantasma che si chiama Bunga. Si tratta di una figura estremamente versatile tanto nella forma, quanto nel messaggio che porta con sé. Può diventare una rockstar, un personaggio famoso, un calciatore. Anche lui in futuro può essere protagonista di nuove avventure.
Alfi e lo stile
Poiché siamo su AB Style Magazine, non ho potuto non chiedere ad Alfi cosa sia per lui lo stile. “Per me lo stile è rimanere me stesso senza contaminazioni. Mantenere la mia originalità”.