Come tante, anche la moda delle Hot Rod vede le sue origini negli Stati Uniti. Si tratta di una categoria delle auto custom e si dedica alla realizzazione ed al restauro delle auto d’epoca americane risalenti agli anni Venti e Trenta. Parliamo di un restyling a tutto tondo poiché coinvolge sia la parte meccanica, sia la carrozzeria. In particolar modo, le macchine hot rod una volta terminate spesso presentano un design un po’ appariscente, sfoggiando livree con grafiche real flames, mentre le auto hot rod più pure ed autentiche sono minimal e “rustiche”, talvolta mantenendo solo la lamiera grezza. A colpo d’occhio le riconosci subito: sono quelle con le ruote scoperte, senza parafanghi, e a volte anche con il motore in bella vista.
In particolar modo, se ti stai chiedendo cos’è un’hot rod, sappi che con questo termine ci si riferisce principalmente alle Ford Model A Hot Rod e Model B. Ma anche le Chevrolet hanno sempre riscontrato un animato successo tra gli appassionati di questo filone, nonostante siano arrivate storicamente dopo rispetto alle Ford. Perché? Perché fu Ford a montare per prima un motore V8 che ha rappresentato la vera svolta. Ho deciso di scoprire meglio il fantastico mondo delle hot rod americane con Ranieri Rezzonico, hotrodder purista del comasco. Scopriamo, quindi, insieme cosa sono e perché sono diventate così speciali in tutto il mondo.
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Hot Rod – Cosa sono e dove nascono
Ci sono due scuole di pensiero sull’origine del nome Hot Rod. La prima vuole che derivi da “hot roadster”, il secondo partito invece vuole che questa denominazione risalga alla sostituzione delle bielle (in inglese si chiamano “rod”) per raggiungere dei giri superiori del motore, senza rischiare problemi al mezzo. Da notare che le hot rod non sono da confondere né con le street rod, né con le rat rod. Anzi, a dirla tutta, l’appassionato di hot rod puro non apprezza gli altri due stili e non vuole che la propria auto venga confusa con le altre. Anche perché le macchine hot rod sono nate prima, quindi possiamo dire che sono proprio le originali.
Queste auto americane affondano le loro radici nel dopoguerra, quando i ragazzi dell’epoca, tornando dalla guerra, si sono trovati letteralmente sommersi di auto degli anni Venti e Trenta abbandonate nei giardini dei loro nonni. A quel punto è iniziata la moda di riprendere quelle vetture e riportarle a nuova vita. Ecco perché quando si pensa alle hot rod americane il pensiero corre subito alle Ford T, A e B e alle Chevrolet, perché erano quelle che venivano usate in quei tempi. In particolar modo, la Ford Model B del ’32 era la più ambita perché è stata la prima che è nata col motore 8 cilindri.
In Italia il padre delle hot rod in verità è Fabio Buzzi che nel 1965 costruì la prima sulla base di una Lancia Aurelia. Ne realizzò, in realtà, due: una hot rod era destinata alla sua tesi di laurea, una invece era per un suo amico, una T-Bucket. E da quel momento la moda delle hotrod in Italia ha preso piede.
L’hot rod Ford Model B del ’32, la più ambita
Ranieri mi ha raccontato come mai la B del ’32 è così ricercata. Perché il suo motore è stato il primo al mondo ad essere stato fuso in monoblocco, mentre prima i motori erano realizzati con vari blocchi assemblati insieme, come i biblocchi ed i triblocchi. Poi facevano i due cilindri o i quattro cilindri, mentre la Ford Model B del ’32 era realizzata con otto cilindri – quasi tutte, perché alcune avevano ancora il motore a quattro cilindri.
In quanto a cavalli, possiamo dire che erano gli stessi di un sei cilindri Chevrolet, che era anche più leggero. Però, insomma, la coppia che raggiunge l’otto cilindri, il rumore che fa… Si tratta di un V8, non c’è bisogno di aggiungere altro! É stata proprio la Ford del ’32 a far nascere il mito americano del motore V8. E tra le “Trentadue”, quella ancora più ambita è quella a tre vetri, la coupé. Sono rarissime. Subito dopo, viene ricercata la roadster.
Come lo stile è evoluto negli anni
Negli anni, le hot rod sono evolute e sono nati nuovi stili. Anche perché, ovviamente, negli anni Quaranta gli appassionati di queste macchine usavano i modelli degli anni Trenta. Mentre negli anni successivi, parliamo già degli anni Sessanta, iniziavano a lavorare su mezzi degli anni Cinquanta e quindi avevano motori, gomme ed assetti diversi. I cavalli iniziavano ad aumentare e gli hot rodder potevano mettere le mani su un Chevrolet Small Block 265 (nato nel 1955) o un 283.
Rispetto al vecchio flathead il passo in avanti era già notevole, perché prima per far andare bene un motore del genere era necessario effettuare numerosi interventi e non tutti erano in grado di farlo. Quindi l’abitudine per creare una hot rod era di andare dal demolitore di zona, prendere l’auto più recente che aveva e toglierle il motore. Ranieri ha commentato: “Rispetto ad oggi ovviamente i cavalli erano sempre pochi, ma su una hot rod del genere, 150 o 200 cavalli ti assicuro che volano. Anche perché i pesi sono irrisori, una Trentadue pesa circa 1000 Kg”.
La filosofia delle hot rod
Negli ultimi anni la moda delle auto hot rod è veramente esplosa, principalmente a causa dei numerosi programmi TV americani in cui gli spettatori vedono alcune officine realizzare fantastiche vetture custom. I risultati sono pazzeschi e, grazie al montaggio, tutto sembra facile e veloce. Tutt’altro. Per realizzare una vera hot rod bisogna sapere cosa si sta facendo e bisogna mettere in conto non poco tempo – e denaro. Ma il punto principale è che, come tutto, si può fare una cosa tanto per fare o farla bene. O, come piace dire a me, con stile. Per fare una hot rod pura, che tutti gli appassionati del settore estimeranno, c’è tanta, tantissima, ricerca dei dettagli.
Ranieri ha raccontato “Gli hot rod veri sono satolli di storia. La vite, il bullone, le ruote, i freni, i differenziali… Il vero entusiasta di hot rod cerca tutto affinché rappresenti l’auto come era originariamente”. Mi ha mostrato uno dei modelli presente nel suo garage e, in effetti, rappresenta proprio la celebrazione della ricerca del particolare. Per le fascette del motore la plastica è assolutamente bandita, Ranieri ha usato lo spago. I cavi elettrici sono tutti rivestiti in cotone. E per la piombatura dei cerchioni: mai usare il piombo moderno. Le viti sono tutte a taglio, mai a croce. Anche l’alternatore – che in realtà è modernissimo – è modificato affinché sembri una dinamo vecchia.
Raduni hot rod
Un po’ in tutto il mondo è possibile trovare questi modelli partecipando a raduni di auto americane e anche nelle fiere di settore. In Italia, ad esempio, Milano Auto Classica è una buona vetrina per queste auto, ma non si tratta solo di lustro per gli occhi perché vengono indette numerose aste per aggiudicarsi questi gioielli. In estate, invece, troviamo il Cruisin Rodeo a Como, anche se l’ultima edizione è stata cancellata per il Coronavirus. Lo stesso dicasi per il raduno Roll ‘n Flat di Caorle. E per chi ha voglia di andare oltreoceano, non può mancare la California Hot Rod Reunion, così come The Race OF Gentleman (TROG) una suggestiva corsa sulla spiaggia del New Jersey. Tornando in Europa, anche in Normandia viene organizzata una gara hot rod sulla spiaggia.
Ora che hai scoperto tutto su cos’è un hot rod, la sua storia e soprattutto la filosofia che sottende questo genere di restauri, così ricchi di dettagli e di storia, ti lascio con una galleria di fotografie scattate proprio alle auto di Ranieri Rezzonico.